profili di editori napoletani
prefazione di Michele Prisco
fotografie di Massimo Cacciapuoti
testi di Antonella Ciancio
Luciano Pennino Editore, 1996
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Arte Tipografica
Presentazione mostra di Peppe Alario
Massimo Cacciapuoti mostra nelle sue immagini una persuasiva e penetrante capacità visuale , questo è il primo dato che impegna l'osservatore. Se il volto è una maschera che nasconde ed esprime, il ritratto è bensì l'arte di far apparire, attraverso la maschera/volto l'inespresso nel manifesto. Impresa non facile. Ardua per il fotografo. Con queste premesse di difficoltà Massimo Cacciapuoti non ha ulteriormente complicato il suo lavoro che nasce perciò e come paradigma e come sintassi, direttamente dal vivo e direttamente diventa espressione vitale con con quel pizzico di caos che l'istantanea, non troppo pensata, non troppo organizzata, porta con sé. Un caos però atteso e raccolto con sensibilità ed intelligenza, e quindi, imbrigliato e trattenuto. Lo scatto fotografico è ghigliottina del tempo, è taglio verticale della realtà, per cui ogni figura dinamica che da esso viene attraversata si spoglia completamente di quel prima e di quel dopo che sono, della realtà, l'essenza orizzontale.
I soggetti fotografati da Massimo Cacciapuoti non sfuggono all'irreparabile e fatale fissità dell'istante bloccato,ma non si tratta di fissità statuaria quanto piuttosto si tratta di fissità fluida, sfuggente , non in equilibrio,sottilmente intrigante. Il realismo proprio della fotografia diretta, frontale, non mediata, non manipolata, nel genere della figura in ambiente (il più nobile degli esercizi) diventa un quid inseparabile dalla interiorità del soggetto/personaggio, e questi non assolve soltanto il suo compito di indicatore di se stesso, ma mantiene un virtuoso e provvidenziale rapporto con le forme che lo circondano ed accende l'esistenza estetica del quadro in cui è rappresentato.
Nelle fotografie di Massimo Cacciapuoti,tutte coordinate con profonda coscienza dei valori tonali e compositivi, questo aspetto di integrazione fra corteccia (il visibile) e midollo (il non visibile) è così forte che nei Pironti, nei Rossi, nei Guida, nei Colonnese, nei Wanderling, come negli altri editori memorizzati in un libro/matrice tanto più importante in quanto utile, si può quasi leggere il loro pensiero, la loro verità ,anche quando essa verità rischia di confondersi con la secrezione del mito.
Massimo Cacciapuooti ha giocato con tocco soave, con gesto d'amore, la sua parte di fotografo e forse ha cercato se stesso come immagine riflessa.
Lo sguardo di Maria Gallina, che ha infiniti prolungamenti espressivi, può sciogliere l'enigma? Oppure lo scavalca per creare ulteriori enigmi smisurati e diversi a proposito della potenza del mezzo fotografico?
Peppe Alario